Dopo aver visto le difficoltà che si trova la Grecia nel rialzare la testa, neanche la Spagna è messa bene, ha la più alta percentuale di disoccupati e rischia il default. Mentre il problema principale dell’Italia si chiama crescita, se non parte l’economia, non si va da nessuna parte e così per il resto dell’Europa. Adesso sembra che la BCE e la UE abbiano in serbo un piano segreto che possa risollevare l’Europa. Il presidente della BCE, Mario Draghi, sta lavorando insieme con il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, e il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, per far si che parta l’economia europea e quindi iniziare a parlare di crescita. Questa proposta che verrà presentata al summit di fine giugno include quattro punti fondamentali che sono: riforme, politica di bilancio, unione bancaria e unione politica. Ma devo dire che il scetticismo regna sovrano, non è così semplice uscire da questa crisi, secondo me l’unica soluzione è quella di ripartire da zero. La UE dovrebbe far uscire dall’eurozona, la Grecia, la Spagna e l’Italia, in maniera che possano risollevarsi da soli. Può essere una soluzione alquanto azzardata, ma potrebbe anche funzionare dopo un periodo di assestamento, iniziando con la detassazione e far partire le riforme essenziali, in questo modo si comincerà a parlare di crescita.
Via gazzettino
LA LUNGA AGONIA DELL’EURO
La Banca d’Italia c’informa che i 10 più ricchi italiani hanno un capitale pari a quello di 3 milioni di italiani più poveri, ovvero : con un capitale totale di 51.2 miliardi sono equivalenti a 3 milioni di italiani con un capitale di solo 17 mila euro in media: questo non vorrebbe dire niente se quel capitale è di origine lecita, poiché non è proibito arricchirsi, tanto più che quei capitali sono investiti in aziende che danno lavoro e reddito alla nazione, fra cui quei 3 milioni.
Questa discrepanza sembra la causa dei guai economici di oggi, purtroppo è così ma la causa principale è il fatto che il nostro Gestore dell’Economia non ha sede in Italia, ma in Germania, per cui si trova nella:
“impossibilità di realizzare politiche monetarie a livello nazionale, con le quali lo Stato poteva alterare i tassi di cambio individualmente per rispondere a crisi economiche temporanee e impossibilità di modificare in modo unilaterale i tassi d’interesse nazionali; come pure necessità di limitare sostanzialmente a livello nazionale l’uso di politiche fiscali espansive e probabilità di sviluppo di problemi di disoccupazione in alcune zone, problemi difficili da combattere per la perdita di sovranità in politica monetaria”; tutto a causa del Patto di stabilità e crescita stipulato dai paesi membri dell’ Unione Europea, inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione Economica e Monetaria a partire dal 1992 a Maastricht: ma come si fa a mantenere fermi per 20 anni i requisiti di adesione? Quello che andava bene 20 anni fa oggi sta strangolando l’economia e stanno emergendo i fatti negativi sopra paventati; tutto questo lo affrontiamo come una specie di nemesi mentre sarebbe opportuno che qualcuno si svegliasse da questo incubo e guardasse in faccia la realtà; invece di andare incontro al pareggio di bilancio per chiudere un debito con il quale abbiamo convissuto per 20 anni, pensi a rimettere in sesto l’economia e non la finanza riducendo addirittura le tasse e mettendo a disposizione del mondo economico quei mezzi finanziari che si ottengono attraverso la zecca per maggiorare la domanda e stimolare la produzione.. purtroppo siamo legati all’economia del 1992: addio zecca e grattiamo il fondo del barile inventando tasse e tributi.
Firenze: 2/04/2012 Sergio Mannucci