L’economia mondiale nelle ultime ore è preda di dinamiche confusionarie. Pare, a ben vedere, che tra mutue accuse, mosse in controtendenza e parole dei rappresentanti delle istituzioni, nessuno sappia realmente cosa succederà nel breve-medio termine. I listini azionari, dal canto loro, puntano a recuperare qualcosa dopo una settimana di ribasso cronico.
C’è, tuttavia, una notizia forte che viene da un Paese leader, anche se geograficamente lontano da noi. La Banca centrale di Pechino (Cina), infatti, ha deciso di operare un taglio sui tassi d’interesse. Riducendo il prezzo della moneta, il governo spera di dare nuova linfa ad un’economia mai così “ferma” dagli anni Novanta.
Il Paese, peraltro, è sempre più interessato alla piega che prenderà la crisi della zona euro: nella giornata di ieri, Lou Jiwei, CEO della China Investment Corporation, ha dichiarato al Wall Street Journal che il rischio di una disintegrazione dell’eurozona è sempre più tangibile. In seguito, Lou si è affrettato a precisare di aver allontanato la Cina dall’esposizione alle obbligazioni di alcuni Paesi – che non ha tuttavia specificato – riducendo il numero di interessi cinesi nell’area europea.
Nel frattempo, lo scenario europeo vede il governo Merkel sempre più restio ad aprire alle tesi di rilancio della crescita di François Hollande, il neo-eletto Presidente francese. L’agenzia di rating Fitch ha invece ulteriormente declassato il debito della Spagna a “BBB”, sull’onda della tanto discussa crisi delle banche del Paese iberico.
Oltreoceano, invece, Ben Bernanke - presidente di Federal Reserve – considera di poca utilità “nuovi stimoli” finanziari e sostiene che i pericoli per la crescita americana vengano integralmente dall’Europa. Cosa farà la Fed? Qualora le cose andassero peggio, interverrà strutturalmente per rilanciare l’economia di Washington. Ora non resta che attendere la nuova mossa dei governanti della zona euro, attesa a Bruxelles per fine giugno: ci saranno novità o la spaccatura con la Germania continuerà ad essere tale?
La crisi di Bankia che parzialmente nazionalizzata ha ancora bisogno di 19 miliardi di euro per coprire le falle nel bilancio e continuare la sua normale attività, ha messo allo scoperto le deficienze complessive del sistema creditizio spagnolo.
Alcuni parlano di 80 miliardi, altri di 100 miliardi già la non precisione dei dati è un segno preciso della cattiva fede del sitema creditizio che, in tutti questi anni, da settembre del 2008, ha continuato a mettere nei bilanci, titoli attivi che di fatto sono titoli spazzatura. Ma poi come sempre il tempo costringe ad affrontare i problemi, che si sono voluti ignorare. Chiaramente il tempo è anche impietoso e problemi che si potevano risolvere con sacrifici ma chiarezza oggi sono posti in maniera più determinata e più difficile da affrontare, se non impossibile.
Ma non è il solo sistema creditizio spagnolo ad essere sull’orlo del baratro è tutto il sistema creditizio europeo che si trova nella medesima situazione.
La crisi interbancaria è stata terribile subito dopo settembre del 2008, dopo il fallimento della Lehaman Brothers, noi in Europa l’abbiamo rivissuta nell’autunno del 2011. E’ arrivata veloce e le banche sono rimaste annichilite.
Questa ha avuto un pò di ossigeno dalla BCE che in due tranche, e il 23 dicembre 2011 e il 28 gennaio del 2012 ha dato la possibilità alle banche di approvigionarsi di soldi liquidi in maniera illimitata, per tre anni, e con un tasso di interesse all’1%.
Una regalia.
Come garanzia le banche potevano dare titoli (tossici, cioè che non valgono niente) garantiti dai rispettivi Stati.
Di questa regalia, le banche ne hanno fatto incetta, più di mille miliardi e pareva che fino ad oggi e la quantità di soldi e la pulizia di bilancio era avvenuta e quindi la crisi interbancaria poteva, apparentemente, dichiararsi superata. Ma è comparsa Bankia che ha confermato che prima o dopo i conti devono obligatoriamente tornare.
La soluzione per la Grecia è stata messa in standbay almeno fino al 17 giugno, quando il popolo greco, andrà a rivotare, la prima votazione non aveva prodotto la capacità di fare un’autorità governativa. Ma mettere in standby non è la soluzione. La Grecia è uscita dall’euro o no. E come si svolgerà questa ritirata? Sarà una caporetto che trascinerà tutti alla rincorsa del poco denaro che si ha e che circola? Atene, oggi, non ha i soldi per pagare il gas che la Russia gli fornisce.
Le banche di Cipro, non sono solvibili, sono esposte tutte e in maniera significativa con le banche greche.
La BCE è esposta verso le banche greche il doppio della sua capitalizzazione.
Le banche tedesche sono esposte per 450 miliardi.
Le banche francesi per 600 miliardi.
Oggi i ministri europei si trovano in teleconferenza per cercare soluzioni di come dare gli aiuti alla Spagna, ma questa rifiuta di chiedere aiuto perchè non vuole essere commissariata dal FMI, dalla BCE e dalla Commissione Europea, come è già successo per l’Ilrlanda, il Portogallo, la Grecia.
Obama accusa l’Europa che con i suoi comportamenti porta a picco la non crescita degli Stati Uniti e del Giappone, scordandosi che non ha tassato il Capitale, soprattutto, Anglo-Americano, sulle transazioni finanziarie, non ha ridotto e diviso le banche troppo grandi per fallire continuandogli a fare le mille capriole di cui sono diventate protagoniste fin dagli inizi del millenio. Non ha separato le banche d’investimento dalle banche commerciali per cui con i soldi dei risparmiatori si continua a speculare nelle borse, Londra, Wall Street.
Non ha eliminato i paradisi fiscali.
Ma allora che cosa si pretende?