Dopo aver scritto di scuola e università su questo blog più volte, oggi mi permetto di fare copia ed incolla di brani di un articolo tratto da Noisefromamerika: blog di italiani che lavorano come docenti universitari negli USA, per due motivi: il primo è perchè condivido pienamente le argomentazioni ed il secondo è perchè il loro pulpito è sicuramente più autorevole del mio. Buona lettura

[...]Gli studenti in piazza non hanno capito nulla. Lamentano correttamente che l’educazione che ricevono garantirà loro un futuro senza opportunità. Giusto. Si stanno preparando a una vita di rivendicazioni vane. Ma hanno una visione classista della società.

[...]I genitori sono fieri dei propri figli che protestano e occupano. Tutti papà e mamma i nostri bei ragazzi. Per non parlare degli anziani professori che inneggiano al sessantotto che ritorna, nella speranza di aggrapparsi al traino della gioventù altrui.[...]Nè studenti, né genitori, né professori chiedono direttamente un sistema educativo di qualità. Chiedono piuttosto solo maggiori finanziamenti per l’educazione. Ma non è affatto di fondi che il sistema necessita. L’Italia spende per la scuola, dalla materna alle superiori, una percentuale del PIL essenzialmente pari alla media OCSE (dati riferiti al 2005, da OCSE, Education at a Glance, Settembre 2008). Per l’università la spesa annuale per studente, depurata dal numero eccezionale di fuori-corso, è addirittura inferiore solo a quella di USA, Svizzera, e Svezia.[...]

 

 [...]I rettori universitari minacciano le dimissioni di gruppo per protesta. Lo fanno ogni volta che sentono parlare di tagli. Nel Novembre 2006 lamentavano una insufficiente crescita del fondo di finanziamento, che avrebbe portato a «il blocco degli atenei, dei servizi, la cancellazione del futuro per i nostri giovani». Oggi si legge nella mozione della Conferenza dei Rettori, approvata all’unanimita nel Luglio 2008: «L’università non reggerà l’impatto. Una situazione che […] porterà inevitabilmente l’intero sistema universitario pubblico al dissesto». Davvero le amministrazioni universitarie non hanno alcuna colpa della lievitazione dei costi del sistema? Qualcuno ha sentito i rettori minacciare le dimissioni per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che le nuove regole per i concorsi inducano a promozioni in massa (dal 1999 al 2006 il numero di professori ordinari è cresciuto del 54%)? E sul fatto che nuovi atenei sorgono come funghi nelle sedi più improbabili? E sulla proliferazione di inutili corsi di laurea? Qualcuno ha sentito i rettori minacciare le dimissioni per richiedere finanziamenti basati sulla qualità dei loro atenei? Nel 2007 la quota percentuale dei finanziamenti assegnata sulla base dei “risultati” era del 2.2%; il 97.8% distribuito invece sulla base della spesa storica, cioé favorendo chi ha speso di più, e non meglio, in passato.[...]

Voi cosa ne pensate?

 

 

 

 

 

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